Lunedì 7 settembre due soldati del Tatmadaw, il corpo militare del Myanmar, hanno apertamente confessato di aver preso parte a quella che secondo i funzionari delle Nazioni Unite è stata una campagna genocida contro la minoranza musulmana rohingya del Paese.
I due, fuggiti dal Myanmar il mese scorso, sono stati trasportati all'Aia, dove il Tribunale penale internazionale ha aperto un caso per verificare se i leader di Tatmadaw hanno commesso crimini su larga scala contro i rohingya. I dettagli nelle loro narrazioni sono conformi alle descrizioni fornite da decine di testimoni e osservatori, tra cui i rifugiati di Rohingya, i residenti di Rakhine, i soldati di Tatmadaw e i politici locali e diversi abitanti del villaggio hanno confermato in modo indipendente il luogo in cui si trovano le fosse comuni che i soldati hanno fornito nella loro testimonianza - prove che saranno raccolte nel corso delle indagini della Corte penale internazionale e di altri procedimenti giudiziari.
Non è chiaro cosa accadrà ai due uomini, che non sono in arresto ma che lunedì sono stati effettivamente posti sotto la custodia della Corte penale internazionale. Potrebbero testimoniare in tribunale ed essere messi sotto protezione dei testimoni. Potrebbero essere processati. L'ufficio del procuratore del tribunale si è rifiutato di commentare pubblicamente un caso in corso, ma le atrocità descritte dai due uomini fanno eco alle prove di gravi violazioni dei diritti umani raccolte tra gli oltre un milione di rifugiati rohingya che ora si rifugiano nel vicino Bangladesh. Ciò che distingue la loro testimonianza è che proviene dai colpevoli, non dalle vittime.
I racconti dei soldati daranno anche un peso al caso separato della Corte internazionale di giustizia, dove il Myanmar è accusato di aver cercato di "eliminare i rohingya come gruppo, attraverso omicidi di massa, stupri e altre forme di violenza sessuale, così come la sistematica distruzione dei loro villaggi con il fuoco". Payam Akhavan, avvocato canadese che rappresenta il Bangladesh nella causa contro il Myanmar presso la Corte penale internazionale, ha chiesto responsabilità per prevenire ulteriori atrocità contro i 600.000 rohingya che rimangono in Myanmar sottolineando che "l'impunità non è un'opzione".
Inoltre, il Parlamento europeo, che ha da sempre seguito da vicino la situazione della minoranza rohingya in Myanmar e ha espresso in numerose occasioni la sua profonda preoccupazione per la gravità e la portata delle violazioni dei diritti umani, identificate, tra l'altro, dal rapporto della missione d'inchiesta dell'ONU sul Myanmar, ha deciso oggi di sospendere formalmente la vincitrice del Premio Sacharov Aung San Suu Kyi dalla Comunità del Premio Sacharov a causa di alcune affermazioni espresse chiaramente a sostegno dell'esercito che ha guidato l'assalto contro i rohingya.
Questo è un momento estremamente importante per i rohingya e la popolazione del Myanmar nella loro continua lotta per la giustizia, in quanto le recenti novità potrebbero portare ad avere i primi colpevoli del Myanmar processati alla CPI, e i primi testimoni insider sotto la custodia del tribunale. Association against Impunity and for Transitional Justice (AITJ) ha accolto con assenso l’attivazione della Corte Internazionale di Giustizia sul caso Gambia contro Myanmar, e si è sempre impegnata affinché le responsabilità delle autorità birmane siano perseguite e giudicate e la causa dei Rohingya possa ricevere la piena protezione internazionale che merita.